L’esigenza di misurare gli impatti aziendali anche in termini sociali e ambientali, oltre che economici, porta ad approfondire gli strumenti legati al bilancio sociale e alla valutazione d’impatto, che diventano strumenti strategici per comunicare il valore di un’impresa e attrarre gli stakeholder.

Seppur l’attuale contesto normativo preveda l’obbligo di rendicontazione sociale esclusivamente per determinate tipologie di organizzazioni, il legislatore invita costantemente anche i soggetti non obbligati ad aprirsi verso logiche volte a raccontare i propri risultati anche sul piano ambientale e sociale. Tale approccio farà sì che la nuova normalità sarà valutare un’impresa attraverso una pluralità di indicatori volti a rappresentarla, nella sua complessità, in tutti i suoi aspetti.

Attualmente, il processo di adozione di questi strumenti è obbligatorio soltanto per determinate tipologie di organizzazioni:

  1. Enti di interesse pubblico che abbiano avuto in media, durante l’esercizio finanziario, un numero di dipendenti superiore a 500 e alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato uno stato patrimoniale di 20.000.000 euro oppure abbiano superato un totale di ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 40.000.000 euro. Per tali organizzazioni, il D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254 ha introdotto l’obbligo di redigere una dichiarazione di carattere non finanziario, nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta. Tale dichiarazione, avente cadenza annuale, deve trattare temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva. Inoltre, le informazioni devono essere fornite con un raffronto rispetto a quanto fornito negli esercizi precedenti, secondo metodologie e principi previsti dallo standard di rendicontazione prescelto.
  2. Società Benefit, che ai sensi della legge n. 208/2015 vengono considerate tali se indicano nel proprio oggetto sociale, oltre alle finalità a cui è tesa l’attività economica nell’interesse dei soci, anche le finalità che intende perseguire per il conseguimento del bene comune. A tale società è chiesto, pertanto, di redigere annualmente una relazione da allegare al bilancio di esercizio con la quale si dia evidenza degli obiettivi specifici prefissati delle modalità con cui si vuole raggiungerli e, infine, la valutazione dell’impatto generato valutandolo che sia esauriente, sviluppato da un ente indipendente, credibile e trasparente.
  3. Enti del Terzo Settore i cui ricavi, rendite, proventi o entrate siano superiori a 1 milione di euro, i centri di servizio per il volontariato, le imprese sociali e le cooperative sociali. Per loro il legislatore ha previsto, ai sensi dei decreti legislativi n. 112 e n. 117 del 3 luglio 2017, il deposito e la pubblicazione del bilancio sociale con cadenza annuale.

Con l’introduzione del D.Lgs. n. 254/2016, ai soggetti diversi da quelli tenuti all’obbligo di dichiarazione di carattere non finanziario, è concessa la possibilità di redigere la dichiarazione e di dichiararla conforme alla normativa purché la stessa indichi il mancato assoggettamento all’attività di controllo e che alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento siano soddisfatti almeno due dei seguenti limiti dimensionali: numero di dipendenti durante l’esercizio inferiore a 250, totale dello stato patrimoniale inferiore a 20.000.000 euro, totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni inferiore a 40.000.000 euro.

In definitiva, con il bilancio sociale, il legislatore ha individuato uno strumento di rendicontazione delle responsabilità, dei comportamenti e dei risultati sociali, ambientali ed economici delle attività svolte. Tale locuzione spesso viene sintetizzata utilizzando il termine anglosassone di Accountability che racchiude al suo interno, oltre ai concetti di responsabilità, quelli di trasparenza e compliance: la prima da ricercarsi nell’accesso alle informazioni relative all’organizzazione, fra cui gli indicatori gestionali volti a rendere visibili decisioni, attività e risultati; la seconda individuabile nel rispetto delle norme sia come garanzia della legittimità dell’azione sia come adeguamento dell’azione agli standard stabiliti da leggi, regolamenti, linee guida etiche o codici di condotta.

A completamento degli strumenti a disposizione di tali organizzazioni, il legislatore, con il decreto 23 luglio 2019, ha emanato specifiche linee guida in materia di “Valutazione dell’impatto sociale”, ovvero una valutazione qualitativa e quantitativa sul breve, medio e lungo periodo degli effetti delle attività svolte dall’organizzazione sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato.

Analizzando gli attori obbligati e le loro attività, ma soprattutto gli output che tali strumenti rendicontativi e valutativi restituiscono, appare evidente come nel prossimo futuro saranno strumenti utilissimi per molteplici realtà: basti pensare alle pubbliche amministrazioni, le quali – nell’ambito di procedure di affidamento di servizi di interesse generale – potranno prevedere la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale da parte degli ETS che intrattengono rapporti con le medesime; o alle organizzazioni stesse, per rappresentare oggettivamente il valore sociale generato e attrarre finanziatori esterni.

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